Archivio mensile:dicembre 2015

Benvenuti a fumettopoli, la città su carta

Schermata 2016-01-26 a 03.14.27L’idea è quella di entrarci dentro, ma senza passare per la porta. Una via di accesso alternativa e sorprendente, avventurosa e divertente alle problematiche dell’architettura, alle complessità della struttura di un edificio o di un progetto urbanistico, è quella che si apre nella cornice di un fumetto: nel riquadro di un comic-strip come nel varco inatteso di una panoramica finestra. Non è affatto un ingresso di servizio, a giudicare dalle visioni spettacolari che si offrono a chi si affacci sulle teche espositive – letteralmente allestite come frame, come le sezioni di una striscia – della mostra Arkitektur-Striper, ovvero Architecture in Comic-Strip Form, aperta a Oslo fino a fine febbraio.

In principio, ovvero all’inizio del Novecento, quando le due forme di espressione figurativa presero a guardarsi reciprocamente con interesse, erano visioni oniriche. Continua a leggere

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Jul, il ritorno del sole

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Poche ore di luce livida, quando il cielo è nuvoloso, o dorata, se il riflesso di un sole remoto accende l’orizzonte nel cielo sereno. Luce di crepuscolo, quasi un ricordo del giorno, che quassù, nel Grande Nord, dà la misura precisa del tempo della notte del mondo. E, tanto più, scandisce la lenta, sospirata, immancabile, eternamente ritornante, grandiosamente festosa uscita dalle tenebre. Il Natale, a Oslo, là dove le ombre lunghe della terra rendono più percettibile la distanza del pianeta dalla sua stella, è un momento quanto mai denso di trepidazione e di attesa. Nel cuore dell’inverno, nel corso della notte più lunga dell’anno, si aspetta con fiducia. Si aspetta l’arrivo della luce, del calore, della vita, ovvero la venuta del Bambino emblema di speranza e di salvezza. Naturale che qui, sin dalle origini e ancora oggi, il significato della Natività cristiana si intrecciasse con le forti suggestioni e la simbologia del passaggio dell’anno. Che il racconto, o l’annuncio, della redenzione si innestasse su un fitto sostrato di credenze e tradizioni ben più antiche della cristianizzazione della landa scardinava. Ebbero buon gioco i missionari della Chiesa di Birka quando, nel IX secolo, diffondendo in terra nordica la buona novella, la collegarono ai riti pagani della vegetazione e alle leggende cosmologiche rurali. A un’analoga strategia, a metà del X secolo, dovettero il loro successo Haakon il buono, sovrano di Norvegia figlio di Araldo Bellachioma, e Aroldo Denteazzurro, il fautore dell’unificazione e della conversione del regno di Danimarca, i quali, per far accettare il nuovo credo alle popolazioni refrattarie, procedettero per progressivi adattamenti della religione cristiana agli usi e alle superstizioni contadine. Per esempio, fu per decreto regale che si legiferò affinché ognuno celebrasse l’Avvento preparando per l’occasione nelle fattorie la propria birra artigianale. Da allora, almeno, per quanto ci è testimoniato da fonti tanto frammentarie ed elusive quanto intriganti e affascinanti, per festeggiare il Natale nelle regioni più settentrionali d’Europa, “si beve lo Jul”, “drikke Jul”, ci si butta alle spalle i rigori dell’inverno con il boccale in mano e si brinda al ritorno del sole.  Continua a leggere

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Handke: la scrittura che accompagna i giorni

hhhPassare in rassegna gli attrezzi del mestiere di Peter Handke è una festa. Si prova la stessa gioia smagliante, la stessa golosità infantile dello scolaretto che, con la cartella ancora tutta da riempire, entra in cartoleria. Ci sono matite, tante, tutte con la punta medio morbida HB, quella che lascia sulla carta un bel segno grigio chiaro. Pastelli da disegno. Biro, di vari colori. E i quaderni, di varia fattura: dai fascicoletti più eleganti rilegati in pelle ai block notes a spirale. Preferibilmente hanno i fogli bianchi, tutt’al più a righe. L’importante è che siano, alla lettera, tascabili, perché devono sempre stare in una tasca: quella dei pantaloni quella interna o esterna della giacca, nel taschino del gilet. Non sono mai più grandi del formato A6. Handke ne porta sempre uno appresso, addosso, per tirarlo fuori all’occorrenza ovunque: il più delle volte all’aperto, in viaggio, in cammino, sugli autobus, sui treni, durante una breve sosta alla stazione, in una chiesa, al bar. Mai alla scrivania. La redazione al tavolo di lavoro avviene in un secondo momento. Il momento della scrittura, o “l’attimo della parola” – come Handke lo definì in Il peso del mondo, nel testo con il quale scoprì per la prima volta, era il 1977, con sua stessa sorpresa, questo metodo non pianificato (Handke aborre in letteratura tutto ciò che è studiato, calcolato, artefatto, mascherato) – l’istante “in cui il linguaggio si anima, si ravviva” accade in presa diretta con l’esperienza. Accade quando l’autore “reagisce immediatamente, con la parola” a ciò che gli capita: a ciò che vede, ascolta, legge. Non si tratta, si badi bene, di diari. Non vi è niente di personale, di privato. Né tanto meno la “potenziale presunzione” di una coscienza che racconta le proprie impressioni. Piuttosto sono “reportage”: resoconti simultanei di una coscienza vigile.

Nel corso degli anni un simile Begleitschreiben, questa “scrittura di accompagnamento”, è diventata per lo scrittore austriaco un’abitudine irrinunciabile. Continua a leggere

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