Archivio mensile:Maggio 2017

Vatti a fidare della bellezza… Meglio leggere Solstad

Conquista come la tentazione di una travolgente avventura amorosa la lettura del Romanzo 11, libro 18 di quel genio norvegese che è Dag Solstad (si pronuncia Sulsta’, ce lo disse lui stesso due anni fa). È infatti descrivendo con un realismo da cinema in 3D le dinamiche potenti e sottili della fascinazione che incomincia questo racconto di un gioco pericoloso con la vita. Sulle prime sarà impossibile resistere: alla tentazione, alla fascinazione, alla voglia di stare al gioco. Poi però ad avere la meglio sarà la malia del racconto. Un flusso di narrazione ininterrotta che, da pagina 1 a pagina 180 – senza cesure di capitoli, rari sono perfino i capoversi – ti solleva, ti trascina, ti trasporta nei meandri segreti dell’esistenza che, lambiti in fondo nella quotidianità di chiunque, al tocco della scrittura di Solstad si rivelano nella loro misteriosa crudeltà. Così, alla fine, a lasciarti a riva assorto e fremente, con un vago sorriso smagato sulle labbra, non sarà il prevedibile riflusso dell’ondata di passione, il desiderio sfumato, l’amore deluso, bensì la corroborante intelligenza di questo scrittore che scorre luminosa tra le pagine come una splendente marea piena di gorghi e insidie.

Dapprima si è inclini a seguire col batticuore, con un senso di resa e di intima complicità il protagonista del romanzo, Bjørn Hansen quando, sedotto dal sogno di un po’ di felicità rubata – la più desiderabile: quella proibita e passeggera -, lascia la moglie e il figlioletto di due anni per correre dietro, fin nella più remota provincia norvegese, alla seducente Turid Lammers, una sofisticata bellezza nordica che sprigiona appeal, energia vitale, e uno studiatissimo charme parigino sottolineato dalla gestualità delle mani acquisita «come un accessorio estetico» quand’era in Francia per i suoi studi. Di fatto il colpo di testa che lo porta a rompere con tutto ciò che era – un rispettato professionista, un onesto padre di famiglia, un autorevole impiegato ministeriale a Oslo -, lo conduce in un paesino dimenticato da Dio dove accetta di svolgere, perfino con trasporto, il ruolo di esattore comunale accanto a colei per la quale aveva provato un’attrazione che non ricorda né capisce più.

Con una ferocia spietata, quasi sadica, Solstad disegna l’inesorabile linea di caduta dell’avvenenza femminile che sfiorisce. Continua a leggere

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